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In un terreno donato dal Comune, fuori dal lato orientale delle mura dei Torresotti (attuale Porta Nova), nel 1236 i Frati Minori, fino a quel momento ospitati in S. Maria delle Pugliole, iniziarono la costruzione della loro grandiosa basilica. Nel 1251 papa Innocenzo IV consacrò l’altar maggiore, nel 1263 il tempio era ultimato.
Incerte sono le notizie sull’architetto del cantiere; le fonti menzionano tale Marco da Brescia, forse confuso con Giovanni da Brescia, ingegnere ed architetto attivo a Bologna in quell’epoca. Il cronista Bartolomeo delle Pugliole (XIV secolo), invece, racconta che quando nel 1254 rovinarono le volte dell’abside, dirigeva i lavori frate Andrea maestro della ghiexia, che riportò le gambe spezzate.
Sul lato meridionale della chiesa, che è orientata liturgicamente ad est, venne ad articolarsi il complesso conventuale e dietro il coro sorse il cimitero, che accolse le tombe di molti giuristi e dottori dello Studio di Bologna. Oggi ne resta il ricordo dei monumenti funerari di Accursio, Odofredo e Rolandino de’ Romanzi, visibili in piazza Malpighi (Tombe dei Glossatori).
Nel 1796 l’edificio subì il saccheggio delle truppe francesi che lo ridussero a caserma; il convento fu soppresso e la chiesa, sconsacrata ed ulteriormente spogliata di opere d’arte, fu adibita a caserma. Fu riaperta al culto nel 1842 per divenire pochi decenni dopo un magazzino militare. Fu di nuovo riaperta al culto nel 1886. Grazie agli accurati restauri di Alfonso Rubbiani poté riacquistare il primitivo aspetto (1886-1919).
Ridotta a rovina a causa di un bombardamento nel luglio del 1943, la basilica tornò all’antico splendore grazie ai restauri, conclusi nel 1949, del Genio Civile e della Sovrintendenza ai Monumenti, sotto la direzione di Alfredo Barbacci. La chiesa, che prospetta su piazza de’ Marchi (da dove proviene un imponente deposito di circa 14.838 pezzi di bronzo, databile all’VIII secolo circa a. C.), ha una facciata monocuspidata e tripartita, che è ornata lungo gli spioventi da archetti e bacini in ceramica.
L’imponente protiro di marmo è affiancato all’altezza dell’architrave da eleganti lastre di marmo ornate con motivi zoomorfi, di provenienza veneziana (fine XII – prima metà XIII sec.).
La costruzione, a sviluppo basilicale, è caratterizzata – unico esempio a Bologna – da possenti archi rampanti e da un’abside costituita da nove cappelle radiali.
L’interno è diviso in tre navate da possenti pilastri ottagoni in laterizio e presenta un transetto che non sporge dai muri perimetrali. L’edificio, quindi, pur rimanendo legato all’architettura romanico-padana sia nella tipologia della facciata, sia nella sua decorazione e nelle proporzioni delle campate, mostra al contempo chiari richiami all’architettura gotica e ai modelli delle costruzioni cistercensi d’Oltralpe nell’articolazione absidale, negli archi rampanti, nei pilastroni a lesene all’inizio del coro e nello straordinario slancio ascensionale. Al centro del presbitero domina sull’altare la mirabile pala marmorea eseguita dai veneziani Jacopello e Pier Paolo Dalle Masegne (1388-1393), ornata con rilievi relativi ad episodi della vita di san Francesco e con statuette di Santi e Angeli musicanti.
Le cappelle absidali, restaurate o rifatte in tempi moderni, ospitano opere di vario genere. Nella cappella centrale, ornata da un Crocefisso del XIV sec., ai piedi dell’altare riposa Alfonso Rubbiani.
Le pareti delle navate conservano monumenti e lapidi sepolcrali di personaggi illustri, sepolti in passato nella chiesa o nell’attiguo cimitero. Si ricordano, ad esempio, il sepolcro di papa Alessandro V, morto a Bologna nel 1410, e la pietra tombale di Ercole Bottrigari (1531-1562) nella navata settentrionale; nella navata opposta in cenotafio di Giambattista Martini, il grande musicista morto nel 1784, ed il monumento di Pietro Fieschi (morto nel 1492), ascritto a Francesco di Simone da Fiesole.
Nella cappella di S. Bernardino (metà XV secolo), che sporge dal muro perimetrale nord, per un certo tempo furono custoditi i preziosi reliquiari della basilica, risalenti alcuni al XIII secolo.
Tra XIII e XIV sec. fu eretto sul fianco sud della chiesa il Chiostro dei Morti, così detto per la sua funzione cimiteriale, che conserva sotto il porticato i resti di cappelle funerarie nobiliari e lastre tombali.
Sul lato orientale del chiostro, Antonio di Vincenzo, l’architetto di S. Petronio, realizzò tra il 1397 ed il 1400 una cappella commissionata da Lippo Muzzarelli, mercante di seta, dove si conservano opere d’arte di epoche diverse, tra cui un Crocefisso ligneo del XIII secolo ed un Cristo risorto frammentario, dipinto per l’antico refettorio da Francesco da Rimini. (P. P.)